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L'astrofotografia

L'astrofotografia, o fotografia astronomica è la fotografia usata per riprendere corpi celesti. Le tecniche astrofotografiche possono impiegare fotocamere digitali, sensori elettronici, o fotocamere con pellicola chimica.
A causa del movimento di rotazione terrestre da ovest verso est, la sfera celeste ruota apparentemente in senso opposto da est verso ovest e con essa i pianeti e tutte le stelle: tale situazione richiede al fotografo di compensare detto moto, tramite apposite montature dette equatoriali, in modo da contrastare il moto apparente ed il conseguente "effetto di mosso" presente nelle foto.
Nelle riprese del cielo profondo si usano bassi ingrandimenti ma elevati tempi di esposizione mentre per le foto ad alta risoluzione si usano altissimi ingrandimenti ed esposizioni di solito più brevi. Esposizioni prolungate con lunghe focali richiedono di conseguenza treppiedi molto solidi e meccaniche di precisione.
Mentre nella fotografia classica gli obiettivi fotografici sono caratterizzati da focali contenute (da 18mm per i grandangolari ai 400 mm per i teleobiettivi) e luminosità elevate (da basi di f/1,2 a f/5,6) per consentire riprese con tempi di esposizione ridotti (tipicamente minori di 1/60 di secondo), nella fotografia astronomica si usano tipicamente focali maggiori (con conseguenti maggiori ingrandimenti) e luminosità minori (per ridurre i costi). Tutto ciò, unito al fatto di dover riprendere oggetti piuttosto deboli, richiede tempi di esposizione superiori al secondo.

Storia

L'astrofotografia è sorta nei primi anni dell'800 con le prime applicazioni in campo astronomico di immagini della Luna, del Sole e di altri pochi oggetti luminosi. Agli inizi la sensibilità delle pellicole chimiche consentiva solo scarsi risultati, col passare del tempo poi, l'avanzamento tecnico permise di migliorare la qualità delle immagine, aumentando la sensibilità delle pellicole, che ne permise una sempre maggiore applicazione. La tecnica fotografica divenne quindi, col tempo considerata, necessaria per lo studio astronomico. Essa permise di scoprire svariati oggetti deboli del cielo, ma anche di ampliare la gamma di studi, come le applicazioni con grandi lastre fotografiche per fotografare ampie porzioni di cielo.
L'abbattimento dei costi di produzione permise lo sviluppo della fotografia anche in campo amatoriale, avvicinando il mondo degli astrofili ad un ambito in genere appannaggio degli scienziati e astronomi professionisti. In questo modo si ebbe un notevole contributo nella ricerca di comete, supernovae, asteroidi ecc.
Negli anni ottanta del novecento cominciarono a diffondersi i primi CCD presso gli osservatori astronomici. Questo strumento digitale consentiva enormi vantaggi pratici, in termini di sensibilità del sensore, qualità delle informazioni e tempo di ripresa.
Negli anni novanta iniziò l'accesso di questa tecnologia anche ad astronomi disposti a spendere parecchio economicamente, ottenendo un enorme salto di qualità. Ma con l'avvento delle webcam l'accesso da parte al digitale divenne notevole grazie all'abbattimento dei costi e ad un rapporto qualità/prezzo conveniente.
Stesso discorso per l'introduzione delle fotocamere digitali, specie per le reflex, le quali montando un sensore ormai del tutto competitivo con la qualità delle vecchie pellicole, ha permesso l'attuale rivoluzione del settore.

Astrofotografia con treppiede

La più semplice tecnica astrofotografica è quella della semplice foto con treppiede fotografico. Questo mezzo ha il pregio della semplicità ma anche il problema di non consentire l'inseguimento del cielo il quale potrebbe risultare "mosso".

Tipiche di questa tecnica sono le foto cosiddette "strisciate", ottenute riprendendo una porzione di cielo per un tempo prolungato nelle quali si visualizza lo spostamento apparente delle stelle sotto forma di archi. Questa tecnica oltre a visualizzare il moto degli astri permette di individuare le meteore. Esse infatti appariranno come una traccia diversa da tutte le altre.

Sempre con il treppiede, utilizzando pellicole molto sensibili, oppure tramite una reflex digitale opportunamente regolata, è possibile catturare le principali stelle e le costellazioni, mantenendo il tempo di esposizione basso, al di sotto dei 4 minuti. Con questo tempo il moto apparente del cielo non presenta ancora l'effetto "mosso", pertanto è possibile ottenere ottime fotografie.

Astrofotografia con inseguimento

Per evitare l'effetto "mosso" del cielo, si utilizza una montatura equatoriale motorizzata; in questo caso i tempi di esposizione possono prolungarsi per delle ore senza grossi problemi per il risultato finale.
La macchina fotografica può essere montata su un semplice astroinseguitore, ossia una montatura equatoriale adatta per fotografia, oppure sfruttare un telescopio equatoriale. In questo caso esistono due modalità di fotografia, quella in parallelo e quella a fuoco diretto.

Astrofotografia in parallelo

Con questa tecnica il corpo macchina viene fissato al telescopio mediante un adattatore. La macchina fotografica sfrutta un proprio obiettivo con cui inquadra la porzione di cielo preferita. Strettamente connesso all'obiettivo e all'ingrandimento prodotto, si avrà quindi una crescente esigenza di precisione per ottenere immagini stellari puntiformi. In questo modo è possibile fotografare qualsiasi oggetto luminoso e non: dalla luna, ai pianeti, sino agli oggetti del profondo cielo.
Per mantenere sotto controllo l'inseguimento della montatura viene utilizzato un reticolo illuminato da applicare all'oculare del telescopio. Esso permette di mantenere all'interno di un campo ristretto una stella di riferimento con cui si possono eseguire le relative correzioni.
Tale metodo tuttavia è molto faticoso e non privo di difetti.
Nel corso degli anni sono stati sviluppati appositi software che consentono di guidare automaticamente la montatura, con un'ulteriore camera dedicata solo a questo scopo.

Astrofotografia a fuoco diretto

In questo caso la fotografia è ottenuta smontando l'obiettivo della macchina fotografica (generalmente una reflex) ed adattando il corpo macchina direttamente al fuoco del telescopio, utilizzando il tubo ottico come se fosse un qualsiasi obiettivo fotografico. Il vantaggio di questa tecnica è quello di poter sfruttare l'intero diametro dello strumento a disposizione: questo porta ad una maggiore nitidezza e risoluzione dei dettagli, non raggiungibile con i normali obiettivi fotografici.


Calcoliamo le dimensioni di Giove sulla carta fotografica a fuoco diretto

Dati: focale telescopio 900mm, Rapporto F/8.

Dimensioni di Giove = 4,17 *(focale * diametro apparente Giove in secondi d'arco) / 206265

4,17 * (900 mm * 42") / 206265 = 0,7 mm


Ingrandimento a fuoco diretto

L'ingrandimento a fuoco diretto si calcola con la formula approssimata:

I = focale del Telescopio / 50

Esempio con una focale di 660 mm I = 660 / 50 = 13.2 Ingrandimenti

Inserendo nel telescopio una lente 2x Barlow avremo la focale raddoppiata e quindi anche il relativo ingrandimento:

Con una lente 2x Barlow I = (660 * 2) / 50 = 26.4 Ingrandimenti

Astrofotografia in proiezione

Si tratta di una proiezione dell' immagine proposta dall' oculare, sul piano pellicola. Per la fotografia in proiezione è necessario il tele-extender fisso o variabile. Questo accessorio consente di inserire l'oculare per la proiezione in un alloggiamento, e di allontanarlo o meno dal piano pellicola, variando l'ingrandimento. La qualità dell'immagine finale rispecchia in gran parte la qualità generale dell'oculare.

Ad una estremità del tele-extender va applicato il T-Ring, mentre dall' altro lato va avvitata la reflex munita di anello T-2.

Questo dispositivo ingrandisce la focale del telescopio, quindi ci sarà un fattore di ingrandimento che chiameremo T, e di conseguenza si otterrà un valore di focale nuovo. La nuova lunghezza focale sarà la focale del telescopio moltiplicato per T.

T dipende dalla distanza della proiezione oppure tiraggio (ovvero la distanza dell' oculare dal piano pellicola), e dalla focale dell' oculare stesso. Questi fattori combinati insieme ci danno la seguente formula:

T = (Dp - Fo) / Fo

  • Dp = dist. proiezione
  • Fo = focale oculare.

Esempio: se un tele-extender raggiunge un tiraggio di 100mm e si inserisce un oculare da 5 mm:

T= (100-5) / 5 =19.

Con una focale di 900mm, la nuova lunghezza focale equivalente sarà:

Nuova Lunghezza Focale = 900 mm * 19 mm = 17100 mm = 17,1 metri.

Anche il nuovo Rapporto F/ sarà uguale al vecchio Rapporto F/ del telescopio moltiplicato T.

Se abbiamo un Vecchio Rapporto focale F/8 il nuovo Rapporto focale sarà:

F/8 * 17,1 = 136.8 quindi (F/136.8)


Calcoliamo le dimensioni di Giove sulla carta fotografica in proiezione

Dati: tiraggio 100mm, focale oculare 6mm, focale telescopio 900 mm, Rapporto F/8.

T = (100-6) / 6 = 15,7

Nuova focale = 900 * 15,7 = 14130 mm

Nuovo Rapporto F = 8 * 15,7 = 125,6 quindi (F/125,6)

Dimensioni di Giove sulla carta = 4,17 * (Nuova focale * diametro apparente Giove in secondi d'arco) / 206265

4,17 * (14130 * 42) / 206265 = 12 mm


Diametro apparente dei Corpi Celesti in Arco-Secondi
Sole 1889 / 1953
Luna 1796 / 2009
Mercurio 4,5 / 13
Venere 9,7 / 66
Marte 3,5 / 25,7
Giove 29,8 / 49
Saturno 14,5 / 20,1
Urano 3,3 / 4,1
Nettuno 2,2 / 2,4
Alpha Centauri circa 0,007
Sirio c circa 0,006

Tempi di esposizione

Il tempo di esposizione, o tempo di scatto o tempo di otturazione o velocità di otturazione è in fotografia, il tempo durante il quale l'otturatore della macchina fotografica rimane aperto per permettere alla luce di raggiungere la pellicola o il sensore (nel caso della macchina digitale).
In combinazione col diaframma, il tempo di esposizione regola la giusta quantità di luce per ottenere una fotografia ben esposta.
Facendo un parallelo con l'occhio umano, mentre la pupilla rappresenta il diaframma, la palpebra dà un'idea dell'otturatore.
A parità di esposizione, un tempo rapido richiede un diaframma più aperto mentre un tempo lento si abbinerà ad un diaframma più chiuso. Ai fini di una corretta esposizione (di questo ci informa l'esposimetro).

Alcuni esempi:

una coppia tempo/diaframma pari a:

  • 1/125 - 8 esattamente alla scelta della coppia
  • 1/250 - 5.6 oppure
  • 1/500 - 4 o, ancora alla coppia
  • 1/60 - 11.

Vale a dire, mentre il tempo si dimezza, il diaframma raddoppia, e viceversa.
In ogni caso, la quantità di luce che andrà ad impressionare la pellicola sarà sempre la stessa e la scelta di una coppia dipenderà esclusivamente dal fotografo e dalla fotografia che ha in mente.
Il tempo di esposizione si misura in secondi. I numeri che appaiono sul selettore dei tempi di una reflex, rappresentano frazioni del secondo; così 15 sta per 1/15 di secondo o 30 sta per 1/30 di secondo.
All'epoca del dagherrotipo occorrevano tempi di esposizione estremamente lunghi durante i quali il soggetto doveva rimanere il più possibile immobile (cosa facile da ottenere nel caso di una natura morta, un po' più difficile se il soggetto è un essere umano o un cavallo in corsa).
Ciò era dovuto alla scarsa sensibilità delle pellicole del secolo scorso. Le pellicole moderne offrono la opportunità di usare tempi infinitesimali perché nonostante siano dotate di alta sensibilità (espressa in sensibilità ISO), riescono comunque a mantenere un'ottima definizione e un contenimento della grana.

I fattori che influenzano il tempo di esposizione in una posa sono:

  • la brillanza (meglio conosciuta come luminanza), che è il rapporto fra la luminosità e l'estensione dell'oggetto. Non deve stupire se una fase lunare al 25% ha la stessa brillanza di Giove. La Luna infatti, è di gran lunga più luminosa di Giove (mag. -12.7 quando è piena), però è molto più estesa, e la sensazione luminosa risulta essere uguale al pianeta Giove.
  • la sensibilità della pellicola espressa in ASA.
  • il rapporto F/ del telescopio, cioè la luminosità del gruppo ottico che imprime su pellicola.

A questo punto abbiamo tutti gli elementi sviluppare la seguente formula:

t_exp(sec)= F^2 / k * asa * luminanza

K = 150 se l'inquinamento luminoso è alto
K = 250 se l'inquinamento luminoso è basso

Il tempo di esposizione varia infatti a seconda delle condizioni del cielo, intese come intensità di inquinamento luminoso. Possiamo tranquillamente attribuire a k valori compresi fra 150 e 250. Se il cielo è poco inquinato dalla luce artificiale e non, k tenderà a 250, viceversa tenderà a 150.

Le brillanze dei pianeti del sistema solare.

Luna Piena 0.250
Mercurio 1.500
Venere 3.000
Marte 0.150
Giove 0.040
Saturno 0.013
Urano 0.004
Nettuno 0.005

I dati sono tratti dell'Enciclopedia dell'Astronomia, a cura di Margherita Hack.

La brillanza, per Marte, è un valore comunque indicativo, che il soggetto assume solo quando si trova allo Zenit. Marte raggiunge quel valore solo durante grandi opposizioni (l'ultima del 2003)

Ipotizziamo di voler fotografare la Luna Piena con un obiettivo fotografico aperto a F/8 , cielo in ottime condizioni (k=250) e pellicola da 100 ASA.

t_exp = 8^2 / 250 * 100 * 0.25 = 0.01 sec, quindi 1/125

Campionatura

Per conoscere il campo inquadrato sul sensore della fotocamera o ccd dobbiamo avere alcuni dati necessari per il calcolo, innanzitutto abbiamo bisogno della dimensione di un lato del sensore in mm e il numero massimo di pixel che quel lato contiene, ad esempio se un sensore ha dimensioni 22,3 x 14.8 e una risoluzione massima di 5184 x 3456 significa che il suo lato più grande 22,3 potrà contenere al massimo 5184 pixel, ogni singolo pixel avrà quindi la dimenione dp = 22.3 / 5184 = 0.00430169 mm, a questo punto possiamo "campionare il singolo pixel del sensore con la seguente formula:

c = (dp * 206265) / (focale telescopio se a fuoco diretto oppure focale equivalnte se a proiezione di oculare)

c = (0.00430169 mm * 206265) / 660 mm = 1.344375'' il risultato è espesso in secondi d'arco

Cio significa che ogni singolo pixel del sensore della fotocamera inquadrerà un campo di 1.344375"

Quindi se il lato lungo del sensore contiene 5184 pixel avremo un campo inquadrato dal lato lungo sel sensore di:

Campo inquadrato = 1.344375" x 5184 px = 6969.24" = 1.93°

Per il lato corto dl sensore invece:

Campo inquadrato = 1.344375" x 3456 px = 4646.16" = 1.29°

Focale equivalente per sfruttare tutto il potere risolutivo del telescopio

Calcoliamo il potere risolutivo del Telescopio o separazione angolare teorica (vedi scheda Caratteristiche di un Telescopio) mediante la formula:

s = 120/Diametro in mm

s = 120 / 102 = 1.17"

Questo significa che se abbiamo un telescopio con un diametro di 102 mm il suo potere risolutivo massimo di separazione angolare tra due astri sarà di 1.17"

Ora poniamo c = s ovvero facciamo in modo che il singolo pixel della fotocamera inquadri un campo equivalente al potere risolutivo del telescopio:

se c = (dp * 206265) / focale equivalente

focale equivalente = (dp * 206265) / c

ponenedo c = s = 1.17"

focale equivalente = (0.00430169 mm * 206265) / 1.17" = 758.36 mm

Vale a dire che su un telescopio con focale 660 mm, diametro 102 mm, aumentando la focale da 660 a 758 mm avremo il potere risolutivo massimo sul sensore della fotocamera con le seguenti caratteristiche ovvero sensore 22.3 x 14.8 mm 5184 x 3456 px dimensione singolo pixel a 0.00430169 mm

Dimensioni di un oggetto sul sensore della fotocamera

Le dimensioni di un oggetto sul sensore dipendono dalla focale (o focale equivalente) e dal diametro dell'oggetto osservato:

dim. ogg. = focale * diam. ogg. / 206265

ad esempio per il sole che ha un diametro medio di 1890" avremo:

dim. ogg. = 660 mm * 1890" / 206265 = 6.04 mm

Questo significa che se ogni singolo pixel del sensore ha dimensioni pari a 0.00430169, il sole occuperà uno spazio sul sensore di 6.04 mm / 0.00430169 mm = 1404 pixel.

 

 


Il Telescopio Ottico

Il telescopio ottico è uno strumento ottico per l'osservazione astronomica nel dominio delle radiazioni elettromagnetiche visibili.
Il telescopio ottico è costituito essenzialmente da uno o più elementi ottici che raccolgono e focalizzano la luce e da un secondo gruppo di elementi che possono essere un oculare, se l'osservazione avviene direttamente con l'occhio, o un elemento sensibile che può essere una lastra fotografica o un sensore elettronico.
Il telescopio ottico può essere realizzato mediante l'uso di lenti, e in questo caso si parla di telescopio rifrattore oppure mediante l'uso di specchi, e in questo caso di parla di telescopio riflettore; oppure con schema misto.
Il cannocchiale si differenzia dal telescopio perché fornisce immagini non ribaltate ed è pensato per osservazioni terrestri, spesso a mano libera.

Tipi di telescopi ottici

I telescopi ottici si dividono principalmente in due classi, i rifrattori e i riflettori, in base al tipo di elementi ottici utilizzati.

  • Il telescopio rifrattore, grazie ad un insieme di lenti, sfrutta il fenomeno della rifrazione per focalizzare l'immagine.
  • Il telescopio riflettore, grazie ad un insieme di specchi, sfrutta il fenomeno della riflessione per focalizzare l'immagine.

Esistono tuttavia molti schemi ottici misti, detti catadiottrici che, pur utilizzando come elemento principale uno specchio (specchio primario) e per questo motivo sono comunque spesso considerati telescopi riflettori, sono anche dotati di lenti correttive. Elementi correttivi di questo tipo sono ad esempio la lastra di Schmidt o la lente di Barlow. I telescopi misti tipicamente hanno caratteristiche di maggiore compattezza del tubo ottico.
Le dimensioni dei telescopi ottici variano senza soluzione di continuità dai telescopi amatoriali di fascia bassa dal diametro di pochi cm a grandi telescopi degli osservatori astronomici che hanno diametri di diversi metri. Le grandi aperture oltre i due metri sono di dominio incontrastato dei telescopi riflettori. Oltre una certa dimensione infatti le lenti diventano talmente costose e pesanti da rendere tecnicamente ed economicamente impraticabile il loro utilizzo.

I Telescopi rifrattori

I rifrattori sono i primi strumenti ottici che vennero usati per l'astronomia e sono caratterizzati da un obiettivo a lenti.
I rifrattori possono essere di tipo acromatico, semi-apocromatico o apocromatico in funzione della capacità di focalizzare nello stesso punto la luce di diversi colori.
Nei rifrattori le immagini astronomiche posseggono una grandissima nitidezza, per questa ragione essi sono generalmente preferiti dagli astrofili che osservano gli sfuggenti particolari dei pianeti, spesso poco contrastati. Tuttavia all'aumentare delle dimensioni del telescopio il peso e il costo delle lenti rendono impraticabile la costruzione di grandi telescopi di questo tipo. Per questo motivo i telescopi degli osservatori astronomici sono praticamente tutti telescopi a specchi.
Nell'uso amatoriale, il telescopio a lenti trova le migliori applicazioni nella osservazione dei pianeti, anche se, a causa degli alti costi di produzione, per un astrofilo è possibile comprare un riflettore significativamente più grande a parità di costo e quindi dotato nel complesso di maggiore potere risolutivo.

I Telescopi riflettori

I Telescopi Newtoniani

I "newtoniani" sono i primi telescopi a specchio ad essere stati costruiti e prendono il nome dal loro inventore, Isaac Newton. Sono considerati telescopi particolarmente economici e convenienti anche in funzione del loro peso (molto inferiore rispetto ad un rifrattore). Sebbene con alcuni modelli sia possibile fare astrofotografia, la posizione dell'oculare rende difficile posizionare la fotocamera e bilanciare lo strumento (in diversi modelli commerciali non è adatto neanche il focheggiatore). Un altro problema è legato alla collimazione delle ottiche che subiscono con facilità disallineamenti causati da urti o vibrazioni.
La configurazione newtoniana viene utilizzata anche per i modelli chiamati dobsoniani: telescopi costituiti da un tubo ottico newtoniano, appoggiato ad una montatura altazimutale formata da una forcella e una piattaforma girevole appoggiata a terra. I dobsoniani sono economici perché la loro montatura è costituita solo da elementi essenziali e la configurazione ottica newtoniana è relativamente economica e di più facile costruzione, rispetto ad altri tipi di telescopi riflettori. Mentre in altre montature più complesse i movimenti di precisione per il puntamento e l'inseguimento del cielo avviene tramite i cosiddetti moti micrometrici (un sistema di ingranaggi, mosso tramite una manopola in certi telescopi amatoriali) o tramite dei motori gestiti da un computer, nella montatura dobsoniana i movimenti avvengono spingendo a mano il telescopio. Si tratta dunque di una montatura altazimutale poco precisa nell'inseguimento del cielo e perciò poco adeguata all'astrofotografia, tuttavia l'estrema semplicità di costruzione e l'economicità, consentono di creare telescopi anche molto grandi a costi ridotti, risultando molto adatti agli appassionati delle osservazioni visuali degli oggetti deboli come le nebulose e le galassie.
Sebbene siano popolari fra i dilettanti, negli osservatori professionali viene preferito invece l'impiego di configurazioni più compatte: per i telescopi di grande diametro, queste si traducono in una notevole riduzione di dimensioni e di pesi, quindi in strutture più semplici per ospitarli e sostenerli, rendendo meno ardue e di costi minori le imprese ingegneristiche per costruirli.

I Telescopi Catadriottici

(Esempio di Telescopio Schmidt - Cassegrain)

(Esempio di telescopio Maksutov - Cassegrain)

Altri telescopi molto diffusi fra gli astrofili sono gli Schmidt-Cassegrain e i Maksutov-Cassegrain, varianti della configurazione Cassegrain e dotati di una lastra correttrice, per via della quale sono detti catadiottrici. Questi telescopi sono facili da trasportare (nei modelli più piccoli), essendo caratterizzati da un tubo ottico particolarmente corto, senza dover sacrificare la lunghezza focale. Di contro l'ostruzione del secondario è generalmente maggiore dei newtoniani e la maggiore complessità li rende solitamente più costosi. Nonostante ciò, i Maksutov si distinguono ugualmente per una buona nitidezza e offrono buone prestazioni per l'osservazione planetaria.
Questi telescopi sono generalmente adatti per l'astrofotografia e l'uso con fotocamere o i CCD. Di fatto molti obiettivi fotografici non sono altro che questo tipo di ottiche e viceversa degli obiettivi Maksutov sono stati convertiti in piccoli telescopi (o talvolta in grossi binocoli[1]). Per via della compattezza di queste configurazioni, molti telescopi computerizzati portatili hanno un'ottica di questo tipo.
La costruzione di una lastra correttrice nei telescopi professionali più grandi è meno conveniente, perciò adottano configurazioni non catadriottiche Cassegrain o Ritchey-Chrétien.
Il Ritchey-Chrétien è un telescopio di tipo aplanatico, esente cioè da aberrazioni sferiche e di coma. Ha un campo normale utile tra 0,8 e 1,5 gradi e richiede una lente detta spianatrice di campo.

Il Tubo ottico

Con il termine tubo ottico, a volte indicato con l'acronimo OTA (Optical Tube Assembly), si intende sia il sostegno meccanico delle diverse parti ottiche del telescopio, che le ottiche principali e secondarie complessivamente montate in opera nel tubo.
Nei grandi telescopi astronomici moderni, rispetto ad un vero e proprio tubo, è sempre più diffuso l'utilizzo di un più leggero e rigido traliccio di sostegno.

  • Specchio primario principale: è posto nella parte posteriore del tubo; è in genere parabolico, ricoperto da un sottile strato di alluminio riflettente. Raccoglie la luce, la riflette allo specchio secondario che a sua volta la invia all'oculare.
  • Specchio secondario: è posto nella parte anteriore del tubo, è piano e di forma ellittica; riflette la luce raccolta dallo specchio principale all'oculare.
  • Dispositivi per alloggiamento e adattamento di oculari, filtri, lenti addizionali, spettroscopi, porta lastre, adattatori per riprese col CCD, ecc..

Il Cercatore

Il cercatore è un piccolo telescopio rifrattore di dimensioni notevolmente più piccole rispetto al telescopio primario al quale è solidale e la cui unica funzione consiste nell'agevolare il puntamento di un oggetto celeste: per ottenere ciò esso è caratterizzato da un notevole campo visivo (anche di 30°- 40°) e da basso ingrandimento per potere uniformarsi al diametro della pupilla dell'occhio umano (fra i 6 e gli 8 mm) propria dei bassissimi livelli di illuminazione notturna. Nei telescopi professionali il diametro dell'obiettivo raramente eccede i 50-60 millimetri; in quelli amatoriali l'obiettivo più diffuso è da 30 o da 50 millimetri. Sono in commercio anche particolari cercatori dotati di crocicchio illuminato, dato che quello standard ha la forte tendenza a confondersi con lo sfondo del cielo buio.

Gli Oculari

  • (H)Huygens: Sono composti da due lenti piano-convesse, economico è molto comune.
  • (K)Kellner: Sono composti da tre lenti per la correzione dell'aberrazione cromatica, dovuta alla diversa rifrazione delle diverse lunghezze d'onda della luce.
  • (Pl)Plossl: Sono formati da 4 lenti in 2 accoppiate validi per tutti i tipi di osservazioni; richiede una maggiore distanza dell'occhio avendo una estrazione pupillare più stretta.
  • (SP)Super Plossl: oculare plossl con aggiunta una lente spianatrice di campo per ampliare il campo apparente.
  • (R)Ramsden: oculare simile all'Huygens. Adatto a ottiche più luminose, ha il difetto di rendere visibile ogni granello di polvere sulle sue due lenti essendo il piano focale molto vicino alla lente dell'oculare.
  • (Or)Ortoscopico: è il miglior oculare in circolazione, dotato di 4 lenti, è molto costoso.

La Lente di Barlow

Con il termine lente di Barlow si indica propriamente un sistema di lenti con curvatura negativa, che divergono i raggi luminosi diretti al fuoco. Detto sistema raddoppia la lunghezza focale dell'obiettivo e quindi gli ingrandimenti ottenibili. Riduce però sia la luminosità che la qualità dell’immagine. È utilizzato per l’osservazione degli oggetti molto luminosi, delle stelle doppie e in generale quando è necessario disporre di una immagine dalle notevoli dimensioni angolari, senza far ricorso a oculari dalla eccessivamente piccola lunghezza focale.

I Filtri

I filtri sono delle lastre pian-parallele di vetro ottico colorate in pasta oppure di gelatina (tipo Kodak-Wratten) che fanno passare quasi esclusivamente la luce del loro colore.

  • Filtro solare: ha uno spessore di 19 micron (19 millesimi di millimetro); impedisce il passaggio dei raggi infrarossi e ultravioletti diminuendo di molto la luminosità del Sole.
  • Filtro verde: è indicato per l'osservazione della Luna.
  • Filtri rosso e arancione: sono indicati per i pianeti, in particolare per Marte
  • Filtro blu: è indicato per Giove, Saturno e Venere

I filtri astronomici di migliore qualità sono quelli interferenziali.

Il Raddrizzatore d'immagine

Ha la caratteristica di raddrizzare l'immagine e quindi permette l’uso del telescopio come cannocchiale terrestre. Ingrandisce l'immagine di 1,5 volte.

Accessori fotografici

Fra gli accessori fotografici, il principale è ovviamente la fotocamera. Chi usa la pellicola, preferisce le vecchie macchine reflex manuali, che possono tenere aperto l'otturatore per tutte le ore di posa, senza pericolo che si chiuda per l'esaurimento della batteria. Per chi punta sul digitale, la tecnologia migliora ogni anno: attualmente si può partire da comuni fotocamere digitali e webcam, per arrivare ai CCD dedicati (spesso dotati di sistemi di raffreddamento), che hanno una grandissima sensibilità e qualità. A queste vengono affiancati i vari raccordi e adattatori necessari, ma soprattutto il sistema di guida, che può essere basato su un telescopio guida montato in parallelo al principale oppure può essere una guida fuori asse, che intercetta parte della luce che va alla fotocamera, ridirigendola verso l'oculare di guida. Dell'oculare guida esistono diversi modelli, accomunati da un reticolo illuminato, con la funzione di mirino e riferimento.

 

 

 

 

 

 

 

 


Il Diametro

Per diametro di un telescopio si intende il diametro di apertura dell'obiettivo ottico, esso viene misurato di millimetri o in pollici. L'importanza del diametro consiste non solo nella quantità di luce che esso raccoglie ma soprattutto nella risoluzione dell'immagine prodotta; all'aumentare del diametro aumentano queste caratteristiche ma consequenzialmente aumenta la sensibilità alle turbolenze atmosferiche.
Dal diametro dell'obbiettivo dipendono la potenza del telescopio (la capacità di raccogliere la luce), e il suo potere risolutivo (la capacità di mostrare distinti due punti vicini).
Come è facile intuire, la potenza o quantità di luce raccolta da un obbiettivo è direttamente proporzionale alla sua superficie e quindi al quadrato del suo diametro: un telescopio con apertura doppia di un altro ha una potenza 4 volte superiore.

Lunghezza focale

La lunghezza focale è la misura del percorso ottico della luce all'interno del tubo ottico, dal suo ingresso nell'obiettivo sino al fuoco dell'oculare.
Dalla lunghezza focale dipendono la luminosità dello strumento ed il suo ingrandimento.

Rapporto tra focale e diametro

Il rapporto focale/diametro è dato dal rapporto tra la lungheza focale f ed il diametro dell'obbiettivo entrambi espressi i millimetri, è un parametro che da una misura immediata della capacità di ingrandimento e della luminosità di un telescopio. E' indicato con il simbolo f/x dove x è il suo valore calcolato per esempio:

Dati: f = 660 ; D = 100
Rapporto focale = 660/100 = f/6.6

Dal Rapporto focale dipende la luminosità (rapidità) del telescopio per esempio mantenendo inalterata la lunghezza focale, un f/5 è 4 volte più luminoso di un f/10 ma 4 volte meno luminoso di un f/2,5 che a sua volta è 16 volte più luminoso di un f/10.

Il potere di risoluzione

Il fenomeno della diffrazione ottica pone un limite alla risoluzione che un telescopio può raggiungere. Il fenomeno è correlato al cosiddetto disco di Airy, e pone un limite alla minima distanza (angolare) a cui possono trovarsi due "punti" osservati perché si possa distinguerli l'uno dall'altro. Questo limite assoluto è chiamato limite di risoluzione di Sparrow, o più comunemente limite di diffrazione. Tale minima distanza è direttamente proporzionale alla lunghezza d'onda della luce osservata e inversamente proporzionale al diametro dell'obbiettivo del telescopio. Ciò significa che un telescopio di un certo diametro può risolvere fino ad un certo punto oggetti osservati in una certa lunghezza d'onda. Se si vuole una risoluzione maggiore (distanza minima più piccola) alla stessa lunghezza d'onda, occorre usare un telescopio più grande.
In astronomia il potere di risoluzione è sostanzialmente il più piccolo angolo di separazione risolvibile tra due stelle vicine misurato in secondi d'arco.
Il potere di risoluzione dell'occhio umano è di un minuto d'arco. Per un telescopio di 114 mm di diametro la risoluzione è di circa 1", mentre un telescopio da 200 mm ha una risoluzione di 0,6".

La separazione angolare teorica s di uno strumento si può approssimativamente determinare attraverso la relazione seguente:

s = 120 / D

  • s è misurata in secondi d'arco
  • D è ildiametro dell' obbiettivo

Il valore s indica la distanza angolare minima (limite di Dawes) alla quale il telescopio è ancora in grado di mostrare separati due punti luminosi vicini. Molto spesso però questo valore deve essere corretto a causa della turbolenza atmosferica (seeing) che diminuisce in modo sensibile la risoluzione teorica.

L'ingrandimento

L'ingrandimento è la capacità di un telescopio di mostrare più vicini oggetti lontani (perciò di dimensioni apparenti maggiori nel nostro campo visivo). Può essere definito e calcolato come il rapporto fra la lunghezza focale delle lenti di un telescopio che esprime la capacità dello strumento di aumentare l'angolo di visuale dell'oggetto osservato e dunque di ingrandire l'immagine dello stesso. Dunque F/f = ingrandimento (di norma abbreviato con "X"). Perciò un telescopio con F=2700 mm, utilizzando un oculare di f = 9 mm fornirà 300 ingrandimenti ("300 X"). Poiché si tratta di un ingrandimento lineare, non di superficie, può essere anche definito come il rapporto fra il campo visivo apparente nell'oculare con cui si osserva ed il diametro angolare del cerchio di campo visivo sotteso in cielo. Dunque un telescopio con FOV = 0,68° ed AFOV nell'oculare = 68° starà fornendo 100 ingrandimenti. Ciò implica che riducendo progressivamente la lunghezza focale di un oculare a parità di lunghezza focale del telescopio si possono teoricamente ottenere da qualsiasi strumento livelli di ingrandimento estremamente elevati; pure, oltre un certo limite dipendente dal diametro o netto dell'obiettivo, dal suo schema ottico, dalla sua qualità di lavorazione e dalle condizioni di visibilità locali ciò non è più utile producendo un degrado progressivo dell'immagine senza la possibilità di percepire nuovi dettagli.

Un esempio:

Dati: f' lunghezza focale telescopio = 660 ; f"Lunghezza focale oculare = 12,5
Ingrandimento = f' / f" = 52,8 Ingrandimenti

In un telescopio, come in ogni strumento ottico, esistono dei limiti pratici all'utilizzo di alti ingrandimenti, sia perché il campo visivo si restringe, sia perché il livello di dettaglio che si riesce a percepire è fissato dal potere risolutivo, quindi ingrandendo a dismisura si otterrà soltanto un'immagine confusa e "sfumata". L'effetto è paragonabile a quando si zooma eccessivamente un'immagine (la cui risoluzione è fissata) sullo schermo del computer. Esempio:

Ingrandimento limite = circa 1,5 / 2 volte il Diametro dell'obbiettivo
Per un obbiettivo con 100 mm di Diametro l'ingrandimento massimo utile va da 150 a 200 ingrandimenti

Distinguendo tra le tipologie di telescopi si possono utilizzare le seguenti formule:

Per Telescopio Riflettore: Ingrandimento = 70 √Diametro in cm - 1
Per Telescopio Rifrattore: Ingrandimento = 100 √Diametro in cm - 3

Campo di vista

Per essere osservata nei più minimi dettagli, l'immagine va ingrandita, resa netta e ben contrastata: è ciò che fa l'oculare raccogliendo quanta più luce possibile dall'obbiettivo. Per una buona osservazione bisogna conoscere le caratteristiche principali di un oculare. Prima di tutto un oculare deve avere un campo di vista apparente CA quanto più possibile corretto e privo di aberrazioni ottiche o altri tipi di difetti. Di solito gli attacchi degli ocularei sono da 1.25" questi oculari hanno un CA che va da 40 a 50 gradi, esistono anche attacchi e relativi oculari da 2" in questo caso il CA può variare da 68 a 82 gradi. Il campo di vista reale CR è direttamente proporzionale al CA ed inversamente all'ingrandimento secondo la relazione:

CR = CA / I

Esempio:

Dati: Lungheza focale 660; oculare 12,5; CA 50
Ingrandimento = 660/12,5 = 52,8

CR = 50 / 52,8 = 0,9° il valore risultante è espresso in gradi

La percentuale di ostruzione

La cosiddetta ostruzione in un telescopio è un valore calcolato solamente per i modelli a riflessione in cui si utilizza uno specchio secondario di riflessione. La dimensione del secondario costituisce superficie di ostruzione alla luce entrante, pertanto in base ai modelli è possibile avere un'ostruzione compresa tra il 10 e il 45%. L'ostruzione influenza il contrasto dell'immagine nonché la capacità di acquisire luce, che per alte ostruzioni sarà sicuramente minore.

 

 

 

 

 


La reflex analogica

L'astrofotografia tramite la reflex analogica è quasi totalmente soppiantata dal digitale. La foto analogica comunque mantiene per certi versi la sua validità, seppure le pellicole soffrono del difetto di reciprocità, per cui dopo un certo tempo di esposizione, la pellicola fotografica va in saturazione e non si impressiona più. Per questo motivo è necessario saper scegliere la giusta pellicola in base al soggetto da fotografare. Questo aspetto costituisce più di ogni altro un limite oggettivo a tale metodo di ripresa.

La fotocamera digitale

Anche con una fotocamera digitale, per i modelli compatti è possibile eseguire interessanti foto astronomiche. Sui soggetti che richiedono tempi di esposizione brevi la qualità è ottima. È possibile eseguire foto sia con il metodo della proiezione d'oculare che a fuoco diretto, qualora si abbiano gli opportuni adattatori.

La reflex digitale

La reflex digitale sostituisce ormai completamente il metodo analogico. Esistono in commercio persino dei modelli dedicati alla fotografia astronomica, come la Canon EOS 20Da. Il metodo di ripresa è uguale a quello tradizionale, col vantaggio di visualizzare subito il soggetto ottenuto. Tuttavia proprio per ovviare al problema di un uso così "spinto" è importante applicare il metodo del dark frame il quale rende l'immagine astronomica perfetta.

La webcam

La webcam viene utilizzata esclusivamente con i metodi di proiezione d'oculare o fuoco diretto. È uno strumento molto in voga tra gli astrofili perché il rapporto qualità/prezzo risulta essere molto conveniente. Specie nella ripresa dei pianeti, sfruttando la velocità di ripresa in frame al secondo, è possibile da un filmato congelare un'unica immagine quasi esente dalle deformazioni del seeing.
Grazie alla tecnica di modifica introdotta da Steve Chambers, le webcam Vesta e Toucam della Philips, nonché altri modelli, vengono modificate affinché la velocità di scorrimento dei frame venga rallentata. In questo modo la webcam aumenta la propria sensibilità divenendo un piccolo CCD sfruttabile con gli oggetti del profondo cielo.

Il CCD

Il CCD è considerato attualmente lo strumento di eccellenza per l'astrofotografia. Esso viene utilizzato al fuoco diretto di un telescopio, consentendo di ottenere immagini di altissima qualità.
Il suo utilizzo è tuttavia moderatamente complesso poiché richiede una serie di pre-regolazioni necessarie alla calibrazione del sensore. Anche il telescopio deve essere perfettamente funzionante e allineato. Il principio di funzionamento è sostanzialmente uguale a quello delle webcam, ossia quello di ottenere un filmato in cui i singoli frame posseggono ampi tempi di esposizione.
L'ottenimento dell'immagine definitiva, nel caso del CCD come di una webcam, richiede una certa conoscenza nell'ambito dell'elaborazione digitale delle immagini, tramite l'uso di appositi software.

I Filtri

I filtri sono indicati per tagliare alcune frequenze della luce che non si vogliono far passare ottenendo quindi una visione diversa dell'oggetto osservato. I filtri solari comunque per contro hanno la pecca di tagliare anche gran parte dei fotoni che hanno il permesso di passare diminuento così di molto la lunimosità dell'immagine.

Il filtro solare è assolutmente necessario nell'osservazione di sole, impedisce il passaggio dei raggi infrarossi e ultravioletti diminuendo la luminosità del sole da 10 a 100000 volte.

Il filtro verde è particolarmente indicato nell'osservazione di luna.

Il filtro rosso è particolarmente indicato nell'osservazione del pianeta Marte.

Il filtro blu è particolarmente indicato per l'osservazione di Giove, Saturno e Venere.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Come realizzare i light, bias, dark e flat frame

I Light frame sono le immagini vere e proprie riprese con la fotocamera.

Bias (almeno 21): tappo sull'obbiettivo, tempo di scatto il più breve possibile, stesso ISO.
Dark (almeno 11): tappo sull'obbiettivo, tempo di scatto uguale ai light stesso ISO non è necessario lo stesso fuoco farne uno almeno ogni 5 light, se si vogliono fare dei master dark a varie temperature, mantenendo stessi tempi ed ISO, prendere temperature su una gamma di 6 gradi, ad esempio da -6° a 0°, da 0° a 6°, da 6° a 12°, da 12° a 18°, da 18° a 24°
Flat (almeno 21): luce diffusa su tutto l'obbiettivo tempo di scatto per ottenere un istogramma prossimo alla metà
della capacità totale, stesso ISO e stesso fuoco.